Il primo intervento di questo tipo è stato eseguito nel 1968. Da allora, i miglioramenti nei materiali e nelle tecniche chirurgiche hanno aumentato molto la sua efficacia. Questa operazione ha una delle procedure con successo maggiore di tutta la medicina. In Italia i dati SDO mostrano che nel periodo tra il 2005 ed il 2010, il numero di pazienti dimessi per questo tipo di intervento è aumentato molto passando da 26793 a 44119. È probabile che nel futuro ci sia un incremento nel numero di procedure effettuate perché l’età media della popolazione con artrosi di ginocchio è in diminuzione, mentre l’aspettativa di vita della popolazione generale è in aumento.
La richiesta inoltre da parte dei pazienti di un ritorno alle normali attività quotidiane in tempi brevi, capita sempre più spesso.
Le protesi totali al ginocchio possono essere di 2 tipi: cementate, ovvero aderenti all'osso tramite un cemento chirurgico; oppure non cementate, dove aderiscono direttamente all'osso e sono ricoperte da materiali in grado di stimolare la crescita dell'osso. Generalmente, le non cementate, sono utilizzate in pazienti più giovani e con una buona qualità ossea.
Si distinguono anche in base alla condizione dei legamenti crociati. Se i legamenti sono in buone condizioni, bisogna cercare di preservare uno o entrambi i crociati. Questo permette di ottenere un funzionamento normale e sano grazie all'intervento meno invasivo.
In alternativa esistono degli interventi che prevedono la sostituzione del legamenti crociati. In questo caso la protesi viene chiamata postero-stabilizzata. Queste hanno un meccanismo che garantisce un'ottima ripresa della funzionalità, soprattutto con i moderni protocolli di chirurgia mini-invasiva.
Infine, nei casi con deformità complesse o con lesione dei legamenti, possono essere utilizzate delle protesi semi-vincolate o vincolate. Garantiscono comunque una scomparsa del dolore ed il paziente può riprendere le normali attività quotidiane. Generalmente però il miglioramento del movimento è meno prevedibile.
Consiste nel rimuovere le parti di osso e cartilagine rovinate, sostituendole con delle parti artificiali aventi la stessa forma. Viene quindi creata un’incisione frontale al ginocchio e rimossa la cartilagine danneggiata. Vengono poi preparate le superfici danneggiate del femore, della tibia e della rotula attraverso uno strumento apposta.
La parte che verrà aggiunta comprende una parte femorale, una tibiale ed a volte una parte rotulea. Possono essere impiantate nell'osso a prescindere dalla presenza o meno del cemento. Attraverso un computer si può valutare il corretto posizionamento.
L’intervento può essere eseguito in anestesia spinale oppure in anestesia generale.
Un intervento di questo tipo dura circa 90 minuti e viene eseguito durante un ricovero in ospedale che dura circa 5-7 giorni. Il dolore post-operatorio viene controllato attraverso antidolorifici o seguendo altre tecniche di terapia del dolore indicate dal professionista.
Il giorno dopo l’intervento chirurgico, il paziente verrà aiutato dal fisioterapista. Lui dovrà eventualmente alzarsi e tornare a muoversi normalmente. La ripresa delle attività avviene all'inizio con l'aiuto di stampelle, ma poi vengono presto abbandonate. Dopo solo pochi giorni si inizia a salire e scendere le scale, sempre con l'aiuto di un fisioterapista.
Dopo il ricovero in ortopedia, la riabilitazione può essere realizzata in un Reparto di Riabilitazione oppure tramite un fisioterapista in ambulatorio.
La ripresa della guida già dopo 2 mesi è possibile. Il ritorno al lavoro invece dipende molto dal tipo di mansione. Uno più da ufficio o comunque meno fisico, permette un rientro più rapido. Le attività sportive possono essere riprese, in modo graduale, dopo circa 3 mesi.
Per questo tipo d'operazione esistono dei rischi specifici oltre a quelli tipici di ogni intervento chirurgico.
Si può sviluppare una rigidità nell'articolazione nel caso in cui la riabilitazione post-operatoria non è stata eseguita correttamente. È possibile che si formi un ematoma a causa di un sanguinamento interno all'articolazione. A seconda delle dimensioni del problema può essere necessaria l'eliminazione dell’ematoma o anche una trasfusione di sangue post-operatoria.
Se si verifica un’infezione, anche se ormai è un evento raro (rischio inferiore all'1%), diventa una complicazione grave. Oltre a richiedere l'inizio di una terapia antibiotica, c'è il rischio di dover cambiare anche l'intera protesi. Quando i sintomi di un'infezione vengono riconosciuti presto, può essere sufficiente un semplice lavaggio chirurgico insieme ad una terapia antibiotica.
I nervi e le arterie che circondano l'area interessata possono essere feriti accidentalmente che causa dolore, perdita di sensibilità e deficit motorio di alcune parti della gamba. In caso di una lesione arteriosa, può essere necessaria la chirurgia vascolare.
Piccoli coaguli di sangue possono formarsi e rimanere bloccati nelle
vene delle gambe, richiedendo una terapia
anticoagulante per diverse settimane. Tramite una corretta terapia con eparina per diverse settimane
dopo l’intervento, questo problema non dovrebbe più presentarsi.
Un elenco completo delle complicazioni lo può fornire il Chirurgo della COM, oltre ad una spiegazione e discussione di ogni singolo caso.
I risultati di questo intervento sono molto incoraggianti. Si ottiene una completa scomparsa del dolore, un rapido recupero della mobilità, delle normali attività quotidiane e della forza muscolare. Un movimento normale senza zoppia si raggiunge entro un mese dall’intervento. Anche se la ripresa delle attività è solitamente completa, si consiglia di evitare attività pesanti e sport di contatto. Queste attività infatti possono aumentare il danneggiamento dei materiali e ridurre la durata e l'efficenza, nonostante l’utilizzo di materiali sempre più resistenti e nuovi. Alcuni sport come il ciclismo, il nuoto, il golf o l’escursionismo sono sicuramente possibili ed anzi consigliate. Cautela è richiesta per lo sci, il tennis e la corsa.
La durata media è di circa 20 anni. Dopo 20 anni infatti il 90% delle protesi impiantate risultano stabili e non presentano particolari problemi. Si spera che con il progresso delle tecniche chirurgiche e dei materiali utilizzati, i risultati siano ancora migliori con una maggiore durata.