L'instabilità si può manifestare, clinicamente, con uno o più episodi di lussazione o, più spesso, con episodi di sub-lussazione (quando l’omero ha la tendenza a muoversi dalla sua normale sede, senza però fuoriuscirne).
Dopo una lussazione della spalla provocata da un trauma acuto o da microtraumi ripetuti, le strutture che mantengono normalmente l’omero a contatto con la glenoide possono essere allentate o rotte. In queste condizioni, l’omero è meno contenuto nella sua posizione e può uscire dalla sua sede più o meno completamente (sublussazione →lussazione), facendo sport ma anche durante alcune attività della vita quotidiana.
Ogni volta che l’omero esce fuori dalla sua sede, provoca lesioni alle strutture articolari (tendini, legamenti, cartilagine) ed allentare le diverse strutture di stabilizzazione. L’evoluzione è quindi verso una lussazione sempre più frequente, con traumi sempre più semplici, con una progressivo deterioramento artrosico dell’articolazione
L’instabilità di spalla può anche dividersi in traumatica e atraumatica.
Traumatica; un trauma può causare una lussazione di spalla, che può restare un evento episodico e non ripetersi più, oppure dare origine a successive lussazioni. Ogni episodio può determinare nuove lesioni e distendere la capsula articolare, facilitando così il verificarsi di nuove lussazioni. Può essere danneggiato il cercine glenoideo (lesione Bankart, che coinvolge l’anello fibroso che riveste la glenoide), e possono verificarsi lesioni ossee (lesione Hill-Sachs o del margine osseo della glenoide) [1].
Atraumatica; è legata fondamentalmente ad una iperlassità costituzionale dell’articolazione (un’eccessiva elasticità dei tessuti), che corrisponde solitamente ad una instabilità multidirezionale. Può però verificarsi una lussazione con movimenti banali (anche durante il sonno), in pazienti che hanno già avuto diversi episodi di lussazione.
L’instabilità multidirezionale di spalla (MDI) è una condizione con una lussazione in più di una direzione senza o con minima causa traumatica. E’ una condizione multifattoriale in cui l’aspetto maggiormente predisponente è la lassità capsulare che è variamente associata ad anomalie ossee o del margine della glenoide. La lassità legamentosa è caratterizzata da un eccesso di elastina, con una capsula articolare ridondante che causa un volume articolare maggiore. Questo lassità può essere dovuto ad una iperlassità localizzata (esempio in seguito a diversi episodi di lussazione) o ad una iperlassità generalizzata (esempio in pazienti con disturbi del tesuto connettivo). I pazienti con MDI possono essere lussatori o sublussatori recidivanti, con anche lussazione volontaria.
Mettere a punto una classificazione esaustiva è difficoltoso anche a causa del coinvolgimento di numerosi fattori.
Una classificazione utile è quella di Neer e Foster, in cui vengono distinti tre gruppi di pazienti in base alla direzione della lussazione. Antero-inferiore con sub lussazione posteriore, postero-inferiore con sub lussazione anteriore e lussazione globale [5].
La Rx tradizionale, fornisce già molte informazioni se eseguita nelle corrette proiezioni (vedi esecuzione Rx secondo il contesto clinico). La RMN evidenzia la presenza di lesioni a carico dei tessuti molli articolari, lesioni tendinee o distacchi del cercine glenoideo. Tale esame a discrezione dallo specialista, può essere effettuato con mds intrarticolare, oppure correlato con uno studio TC che ha una miglior definizione del tessuto osseo e fornisce, mediante opportune ricostruzioni, una migliore quantificazione del deficit osseo e una identificazione anche di minime lesioni tendinee o legamentose se effettuato con mezzo di contrasto in articolazione (artro-TC).
La RMN (o artro-RMN) è il gold standard nella diagnosi di MDI poiché fornisce eccellenti dettagli dei tessuti molli, specialmente di capsula e legamenti (la caratteristica più comune nell’MDI è una capsula patologica con un aumento del volume gleno-omerale
Il trattamento dell’instabilità di spalla può essere di due tipi:
1- Trattamento Conservativo;
Il trattamento di ogni episodio di lussazione alla spalla prevede
l’immobilizzazione in tutore per un periodo variabile tra i 7 ed i 20
giorni. Nei pazienti giovani l’immobilizzazione dovrebbe essere più prolungata.
Un primo episodio di lussazione dovrebbe prevedere l’immobilizzazione per almeno 20gg e, nella nostra pratica, con un tutore in rotazione neutra [3].
Alla rimozione del tutore il paziente deve in genere intraprendere un percorso riabilitativo per recuperare la completa mobilità articolare e contestualmente rinforzare i gruppi muscolari che mantengono il centramento della testa omerale e si oppongono alla lussazione. Per alcuni pazienti il primo episodio può essere anche l’unico, altri possono sviluppare un’instabilità cronica recidivante in una percentuale di casi che è in rapporto soprattutto all’età del paziente: pazienti giovani ed attivi presentano un rischio elevato di recidiva della lussazione, anche dopo un singolo episodio (fino al 92% di recidiva secondo alcuni autori); per alcuni di questi pazienti può essere indicato intervento chirurgico di stabilizzazione anche dopo un singolo episodio di lussazione [4].
2- Trattamento chirurgico. Tra le soluzioni più utilizzate in ambito chirurgico vi è la riparazione artroscopica del cercine glenoideo solitamente lesionato (intervento di capsuloplastica in artroscopia). L’alternativa è l’intervento “a cielo aperto” di trasposizione della coracoide (una porzione ossea della scapola) e dei tendini che vi si inseriscono: intervento di stabilizzazione secondo Latarjet.
L’intervento di capsuloplastica artroscopica della spalla può essere una valida opzione anatomica in pazienti ben selezionati.
L’indicazione ad un intervento secondo Latarjet invece, sebbene sia un intervento “non anatomico”, offre maggiori garanzie di stabilità rispetto ad un intervento di capsuloplastica artroscopica [1].
Altri interventi sulle parti molli (reinserzione/ritensionamento legamento gleno-omerale, remplissage, fissazione bipolare) o sulle strutture ossee (Eden-Hybbinette) sono eseguiti in un numero ristretto di casi.
E’ quindi fondamentale una selezione dei pazienti e porre una corretta indicazione chirurgica per ridurre il rischio di recidiva della instabilità.
Il trattamento chirurgico artroscopico per una lussazione di spalla consiste nel riparare la lesione del cercine e ritensionare la capsula, che è stata stirata dagli episodi di lussazione; a tal scopo saranno utilizzate delle “ancorette” (delle piccole viti).
Lo scopo dell’intervento “a cielo aperto” di trasposizione della coracoide sec. Latarjet è dare un blocco meccanico (grazie all’osso della coracoide) e dinamico (grazie all’azione del tendine congiunto che, nella nuova posizione, garantiscono uno “stop” alla lussazione di spalla nelle posizioni di maggior rischio per il suo verificarsi).
E’ un intervento considerato non anatomico (poichè prevede la disinserzione di gruppi tendinei per trasporli in altra sede) ma è in grado di prevenire il verificarsi di nuovi episodi in misura molto maggiore rispetto agli interventi di stabilizzazione sulle parti molli (secondo gli studi più recenti, in pazienti non selezionati il rischio di recidiva di una lussazione di spalla dopo intervento di capsuloplastica è circa due volte superiore a quello dopo intervento sec. Latarjet) [1,4.
Vedi approfondimento su intervento di stabilizzazione della spalla secondo Latarjet